
In una giornata fresca, umida di pioggia siamo partiti alla volta dell’antica abbazia di Sant’Urbano. Perché visitarla?
Ci sono almeno tre motivi, tutti validissimi per raggiungere questa meta. E vedrete che non vi pentirete! Noi abbiamo già deciso di tornare alla fine dell’estate!
Mentre andate su e giù per le colline marchigiane godetevi il paesaggio, strepitoso, è quello del Verdicchio (Jesi). Intanto vi spiego i tre motivi.

Il primo. L’abbazia, naturalmente!
Si trova nella valle di S. Clemente poco distante da Apiro e da Jesi. E’ un gioiellino romanico-gotico risalente all’anno mille, forse edificata su un precedente tempio pagano. Il primo documento che ne parla è datato 1033. Nel 1226 un incendio la distrugge parzialmente. Una volta ricostruita il monastero comincia a accogliere viandanti e pellegrini. Nel 1441 viene annessa all’Abbazia di Val di Castro, a occuparsene sono i monaci camaldolesi. Nel 1800 diventa proprietà dello Stato e poi successivamente di varie famiglie della zona. I terreni agricoli che la circondano sono trasformati in azienda agricola.
Visitate con calma l’interno, davvero notevole, diviso in tre navate, gli affreschi risalgono al XIV° secolo e i capitelli delle colonne presentano decorazioni simboliche. Molto interessante anche la cripta.
Oggi l’Abbazia, interamente ristrutturata nel 1992, è di proprietà del Comune di Apiro. Dal 2017 una felice partnership tra pubblico, il Comune di Apiro e privato, l’azienda Loccioni, ha come fine la valorizzazione del patrimonio storico, culturale e artistico. Abbiamo notato la cura dei dettagli, negli ambienti interni ed esterni, la pulizia e l’ordine degli spazi verdi che circondano l’abbazia, è tutto perfetto. Bravi davvero!
Una curiosità: l’occhio luminoso.
Il 25 maggio (giorno della sepoltura di S. Urbano) e il 19 luglio un raggio luminoso penetra un foro sull’abside e tagliando l’oscurità che avvolge l’abbazia colpisce il cerchio scolpito nel pilastro della navata, in contemporanea un altro raggio di luce entra dalla finestra dell’altare della cripta e illumina il cerchio scolpito su una colonna.
Il secondo La valle di San Clemente.
Al confine tra la provincia di Ancona e quella di Macerata, è un’autentica oasi verde di pace e tranquillità, se volete fuggire dalla pazza folla per qualche giorno è la meta ideale!
Il terzo. La locanda e il ristorante.

Annessi all’abbazia, abbiamo mangiato in una saletta del ristorante dove l’arredamento dal design pastello anni ’50 si sposa magnificamente con la pietra antica dell’abbazia. Abbiamo gustato piatti della tradizione marchigiana cucinati magnificamente e innaffiati dal vino del territorio (pura poesia). Alla fine del pasto ci siamo leccati letteralmente le dita! Un grazie di cuore all’eclettico gestore della locanda, ex atleta e perfetto padrone di casa nonché storyteller che ha saputo interpretare alla perfezione i nostri desideri … culinari!